Dicono ‘Illuminante’ la prossima Biennale d'Arte di Venezia

LA KERMESSE VENEZIANA BIENNALE, LUCI E OMBRE
Claudia Colasanti per Il Fatto Quotidiano


Ieri lo si è notato di più perché non c'era, il veemente Sgarbi. A soli due mesi dall'inaugurazione della Biennale di Arte di Venezia (dal 4 giugno e fino al 27 novembre 2011), le linee guida e i nomi degli artisti sono tutti sul piatto, come è giusto che sia a ridosso di una manifestazione internazionale di tale entità, tranne quelle del Padiglione Italia, curato dal mediatico professor Vittorio, nominato su chiamata diretta - non da poco tempo peraltro - dall'ormai dimissionario Ministro Bondi.

L'unica cosa certa è il titolo delle sue mostre, visibilmente in contrasto fra loro, da una parte "L'Arte non è Cosa Nostra" e dall'altra "Lo stato dell'Arte nel 150° dell'Unità d'Italia". Da illustre bastian contrario, come volesse sovvertire un sistema in cui lui stesso naviga abilmente, il variegato Sgarbi fa il curatore di Biennale come nessuno prima:

dichiara di non amare e non distinguere il contemporaneo, non fornisce nomi (dopo il falso comunicato ad opera di burloni diffuso nei giorni scorsi), né tantomeno offre una spiegazione sul perché delle sue non-scelte - vista la decisione di appaltare contenuti ad un comitato di intellettuali - e non ultimo, decide di affidare il coordinamento organizzativo del Padiglione, compito solitamente svolto dalla Biennale, interamente alla società Arthemisia Group.

Eppure la preoccupazione sul budget di questa edizione (i fondi ad essa destinati, che derivano da un specifico capitolo di spesa del Mibac, passeranno dai 5.2 milioni dell'anno scorso a 2.5 quest'anno) è tangibile, tanto che Francesco Giro, sottosegretario ai Beni Culturali, si è rivolto direttamente al Presidente del Consiglio Berlusconi, "e non a Tremonti, perché intervenga per preservare il nostro patrimonio culturale. Questi tagli dolorosi li ha fatti il mio governo, ma non posso non dire che a mio parere si sta esagerando".



Il Presidente della Biennale Paolo Baratta, pur sfoggiando consapevolmente un maglioncino blu, ha dichiarato di non voler essere il Marchionne della Biennale e di non desiderare assolutamente di perdere la supremazia della qualità conquistata con la fatica di tante fortunate edizioni. Sui tagli è apparso rassicurante, confermando che il costo complessivo della manifestazione si aggirerà sui 13 milioni di euro, nelle scorse edizioni quasi totalmente autofinanziati.

Baratta ha ribadito anche l'autonomia delle scelte e l'indipendenza dei curatori, compresi quelli di tutti i Padiglioni nazionali, dieci in più del passato, fra cui molti nuovi dal Golfo e l'astensione dell' ultima ora di Egitto e Libano. Le nazioni presenti per la prima volta saranno Andorra, Arabia Saudita, Bangladesh, Haiti. Altri paesi parteciperanno quest'anno dopo una lunga assenza: India (1982), Congo (1968), Iraq (1990), Zimbabwe (1990), Sudafrica (1995), Costa Rica (1993, poi con l'IILA), Cuba (1995, poi con l'IILA).

Un ruolo importante, quello dei padiglioni dei paesi partecipanti, considerati dei sismografi della realtà in grado di interpretare la globalizzazione. Una formula antica di presenza degli stati ma preziosa in questo periodo, perché offre il tessuto di riferimento sul quale possono essere osservate le autonome geografie degli artisti.

Si era pensato per anni fossero superati, racconta Bice Curiger, svizzera, cofondatrice di Parkett e curatrice alla Kunsthaus di Zurigo, in veste di traghettatrice internazionale di questa edizione, invece rappresentano la metafora della nostra vita di comunità e la possibilità di condividere il patrimonio identitario.

Non a caso la Curiger ha scelto come titolo della sua mostra ILLUMInations - ILLUMI nazioni, riferimento alla luce, al potere dell'intuizione e salto semantico per esplorare un mondo ‘senza confini'. L'arte come vivaio di sperimentazione sulle ‘nuove forme di comunità' e per gli studi sulle affinità che serviranno come modello per il futuro.

Affascinata dal non controllo su tutto il complesso meccanismo biennale, ha ideato il suo percorso a partire dall'inserimento di tre opere pittoriche di Jacopo Robusti, detto il Tintoretto (così come Sgarbi proporrà, dalle indiscrezioni dei primi tempi, una tela di Andrea Mantegna) pieni di quella luce estatica e febbrile che dovrebbe agire come faro agli artisti dell'oggi, perché l'inserimento delle sue opere "trasmette segnali inaspettati e stimolanti e getta luce sulle convenzioni del sistema dell'arte".

Gli artisti invitati dalla Curiger sono più di ottanta da tutto il mondo, di cui 32 hanno meno di 35 anni e solo 21 già presenti a Venezia. Dieci gli italiani e ben 32 le presenze femminili, fra cui Elisabetta Benassi, Marinella Senatore, Pipilotti Rist e Cindy Sherman. Determinata e chiara, così come si configura il compito di un odierno curator, un po' critico e filosofo un po' manager, la Curiger mescola le carte di un'azione multilivellare, che parte dall'esperienza dell'arte come illuminante e finisce nella definizione di transitorietà e identità nazionali frammentarie.

Un'altra idea realizzata dalla curatrice consiste nella creazione di quattro ‘parapadiglioni', opere di carattere architettonico eseguite da Monika Sosnowska, Franz West, Song Dong e Oscar Tuazon, che ospiteranno in sinergia opere di altri artisti

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