Opere di Enrico Castellani, Tano Festa ed Ettore Spalletti in mostra alla Galleria Vistamare

La Galleria Vistamare inaugura sabato 4 luglio 2015 una mostra con opere di Enrico Castellani, Tano Festa ed Ettore Spalletti, continuando una storia, ormai lunga di anni, di esposizioni che mettano in contatto tra loro i percorsi artistici dei grandi Maestri dell’Arte Italiana.

La direttrice della galleria, la signora Benedetta Spalletti, desiderava realizzare da lungo tempo questa mostra che vede affiancate le opere, recenti e storicizzate, di esponenti indiscussi e così diversi tra loro del panorama artistico internazionale.

Enrico Castellani (Castelmassa, 1930)
Castellani è a ragione da considerarsi una delle figure di maggiori rilievo del panorama artistico internazionale a partire dalla seconda metà del Novecento. Dopo una formazione scolastica in Belgio torna in Italia, a Milano, nel 1957, divenendo da subito un esponente della nuova scena artistica. Assieme a Piero Manzoni, caratterialmente un suo contraltare, dà vita a un sodalizio che si protrarrà nel tempo, grazie anche alla fondazione della rivista Azimuth. Insieme sostenevano l’azzeramento dell’arte e della tradizione, usando gli stessi mezzi attraverso i quali si era espressa la pittura fino a quel momento: la tela, il pennello e il colore, ridotti ai minimi termini. 

Castellani usa la tela monocroma, il più delle volte bianca, e la tende su punte che la modellano dal retro. La superficie tridimensionale diventa, così, superficie percettibile: “volevo che ciò che facevo fosse indiscutibile, non interpretabile, qualcosa che è e basta. Così ho incominciato ad intervenire sulla tela con il rilievo, sensibilizzando la superficie”. Lungo un percorso rigoroso e analitico Castellani riesce a donare al tema dell’estroflessione infinite sfumature, in un ritmo costante fatto di pieni e vuoti, definito da molta critica “ripetizione differente”. Le opere presenti in mostra sono tre lavori di grandi dimensioni realizzate tra il 2011 e il 2012. Si tratta di “Doppi angolari” che in un movimento circolare richiamano alcuni dei lavori dei primi anni Sessanta, realizzati in un inusuale color argento, che consente nuovi giochi di luce e movimento.

Tra le mostre più recenti ricordiamo una importante mostra antologica curata da Germano Celant allestita alla Fondazione Prada di Milano nel 2001 e a Kettle's Yard a Cambridge nel 2002. Nel 2004 espone a Parigi nella Galerie di Meo e nel 2005 al Museo Pushkin delle Belle Arti, a Mosca, viene allestita una sua mostra curata da Bruno Corà. Nel 2009 una serie di lavori recenti accostati ad un grosso nucleo di opere storiche sono proposte da Haunch of Venison a New York in una mostra curata da Adachiara Zevi mentre nella sede di Londra della stessa galleria le opere di Castellani vengono esposte in dialogo con quelle di Dan Flavin, Donald Judd e Gunter Uecker. Il 13 ottobre 2010 Enrico Castellani riceve dal Principe Hitachi, Patrono Onorario della Japan Art Association, il Praemium Imperiale per la pittura, il più alto riconoscimento artistico a livello internazionale. Nel 2012, Castellani partecipa con altri sette artisti al progetto "Save the Mediterranean Sea" in collaborazione con Christie's London e la Prince Albert II of Monaco Foundation, a favore della salvezza dei nostri mari.

Tano Festa (Roma, 1938 – 1988)
Festa si può senza dubbio alcuno annoverare tra i grandi protagonisti della pittura italiana. Uomo di raffinata cultura, diplomatosi in fotografia nel 1957, è tra i propulsori di quella che fu chiamata dai più la “Scuola di Piazza del Popolo”, assieme a Schifano e Angeli. Partendo dalle prime esperienze della pittura informale e gestuale, sviluppa presto un suo carattere personalissimo che si definisce a volte come nuovo dadaismo e altre come pop italiano. In realtà come lo stesso Festa dichiarava la sua non era arte pop ma popolare: “quello che noi facevamo era popolare, non pop. Gli americani erano pop artist perché raffiguravano oggetti di consumo veri e propri come simboli artistici da cui trarre l'ispirazione. 

Noi italiani siamo stati popular perché siamo riusciti, viceversa, a consumare l'arte stessa con le citazioni e le estrapolazioni, come quelle fatte da me sui frammenti michelangioleschi del Giudizio Universale”. Gli artisti italiani capovolgono così i presupposti della Pop Art americana e Festa parte in molti suoi quadri da un particolare di Michelangelo, spesso tratto dalla Sistina o dalle cappelle medicee. Le sue opere nascono in realtà sempre da una intuizione, una immagine, che altro non sono che sogni e fantasmi della sua cultura. Le immagini tendono spesso a spingersi oltre i confini della realtà. Le opere in mostra sono tutte della serie “Coriandoli”, della metà degli anni ’80, anni che seguono un periodo difficile. Questi lavori, densi non solo più di riferimenti figurali, trasformano il gesto dell’artista in poesia, in cui la libertà fantasticata e da lungo tempo teorizzata si concretizza infine in una sublime espressione di purezza. I coriandoli gettati sulla tela impregnata di colore, come esplosioni di fuochi d’artificio, restano impressionati sul fondo divenendo l’oggetto che condiziona l’opera stessa.

Festa partecipa a diverse Biennali di Venezia, la prima nel 1964, poi nel 1980 e nel 1984. Espone lungo il decennio in varie rassegne sulla Pop art mentre nel 1988 viene organizzata una retrospettiva romana. Dopo la sua morte, è tra i prescelti da Maurizio Calvesi per la rassegna romana “Novecento” alle Scuderie Papali al Quirinale e Mercati Traianei.

Ettore Spalletti (Cappelle sul Tavo, 1940)
Spalletti, a partire dalla metà degli anni Settanta, definisce un linguaggio che incarna appieno la sinestesia artistica, in cui confluiscono tutte le arti maggiori: pittura, scultura e architettura. La sua ricerca, che trova nel colore un elemento fondante, si dirama in un percorso intimista e solipsistico che non lo rende accomunabile a nessun altro artista. Il suo è un colore che avvolge in modo seducente forme geometriche di linee pure e conquista la luce e lo spazio in cui le sue opere si stagliano. Tavole lignee e sculture di marmo si coprono di molteplici strati di impasto di colore, che solo nel momento finale dell’abrasione rivela la corposità dei pigmenti e del bianco del gesso, regalando alla superficie una inattesa matericità. Spalletti offre le sue opere a una contemplazione immobile e generatrice di quiete, a un piacere estetico e insieme intellettuale. 

I suoi colori, gli azzurri, i rosa e i grigi, sembrano spesso essere più naturali della natura stessa: il cielo non sarà mai azzurro come il suo azzurro, l’incarnato di un volto mai così rosa. Il lavoro di Spalletti, apparentemente astratto, è invece un lavoro classico che rimanda alla figuratività. Egli stesso non si propone come artista d’avanguardia, preferendo collegarsi piuttosto alla tradizione dell’arte: ama spesso ripetere che “l’arte è tutta contemporanea”. Tra le opere in mostra, alcuni fogli di grandi dimensioni dipinti su entrambi i lati, dove lo spessore è minimo ma la profondità del colore è tale che lo sguardo vi si perde: “sono fogli che si stendono sulla parete definendosi liberamente attraverso la temperatura della stanza che li ospita, una idea già espressa nell’opera Carte del 1974”.

Mostre personali gli sono state dedicate da istituzioni prestigiose come il Museo di Capodimonte a Napoli (1999), la Fundaciòn La Caixa di Madrid (2000), l’Henry Moore Institute di Leeds (2005), l’Accademia di Francia - Villa Medici a Roma (2006), il Museum Kurhaus di Kleve (2009), la Galleria Nazionale d’Arte Moderna a Roma (2010), il museo MAXXI di Roma, il Museo MADRE di Napoli, la GAM di Torino (2014) e la Fondazione Cini di Venezia (2015). Diverse le partecipazioni a mostre internazionali, tra cui le edizioni VII e IX di Documenta a Kassel (1982 e 1992) e la XL Biennale (1982), la XLIV Biennale (1993), la XLVI Biennale (1995), la XLVII Biennale (1997) di Venezia.

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